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Diritto alla salute
La questione del riconoscimento del diritto alla salute e delle
possibili modalità di assistenza sanitaria degli stranieri
immigrati, sia legali, che illegali, sta caratterizzando in questi
anni, in modo trasversale, tutti i paesi a sviluppo avanzato. Raramente
sia in Italia che altrove, si assiste ad un pacato e serio confronto
sulle grandi questioni sollevate nel settore sanitario dalla
modificazione in senso multiculturale delle società, che
affronti i temi dell'accessibilità ai servizi e degli
eventuali adattamenti di essi, al fine di soddisfare bisogni e domande
diverse e a garantire una reale fruibilità di essi. L'Italia ha affrontato la
questione del diritto alla salute degli immigrati in maniera molto
frammentaria e in termini emergenziali e di sanità pubblica
fino a pochissimo tempo fa. Una ricerca condotta nel 1995
per compiere una revisione della legislazione sanitaria relativa agli
immigrati ha evidenziato che dal 1978 (anno di istituzione del Servizio
Sanitario Nazionale) al 1995 sono stati emanati 27 provvedimenti
legislativi più una serie di altri provvedimenti a carattere
specifico. In pratica si è assistito all'assenza di una
politica sanitaria specifica e ad una forte instabilità del
diritto alla salute degli immigrati. Gli interventi sanitari previsti
erano solamente quelli di "prevenzione di forme morbose di interesse
per la salute pubblica". Inoltre sempre nell'ottica
del binomio "straniero/pericolo" era previsto, per l'operatore
sanitario, l'obbligo di segnalare alle autorità di Pubblica
Sicurezza le persone amministrativamente non in regola con il permesso
di soggiorno.
Il D.L. N. 489 del
1995 ha segnato una svolta importante in quanto si sancivano: - il diritto alla salute per
tutti gli immigrati, regolari e non, - l'accesso alle cure non
solo straordinarie e urgenti, ma anche a quelle essenziali, ordinarie e
continuative, - per la prima volte si parla
del diritto alla salvaguardia della salute non solo collettiva, ma
anche individuale, - per la prima volta viene
fatto divieto agli operatori di segnalare alle autorità di
Pubblica Sicurezza le persone amministrativamente non in regola con il
permesso di soggiorno
Appariva chiara la
necessità di sviluppare e sostenere una politica sanitaria
specifica, capace di dare risposte convincenti a sollecitazioni che
provenivano sia da alcune realtà di servizi pubblici sia dal
volontariato, da sempre impegnato nell'assistenza sanitaria degli
immigrati e nella promozione dei loro diritti. Nel 1998 è stata
approvata una nuova legge sull'immigrazione con il dichiarato obiettivo
di "superare la logica dell'emergenza e dei provvedimenti tampone, per
confermare l'impegno europeista dell'Italia e il rispetto di accordi e
convenzioni, per garantire un limpido percorso di cittadinanza agli
immigrati regolari, per contrastare l'immigrazione clandestina e lo
sfruttamento criminale dei flussi migratori, per regolare l'afflusso
degli ingressi" (dal Comunicato del 14 febbraio 1997 dell'Ufficio
Stampa della Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla presentazione
del disegno di legge).
La legge 40/98
riconosce al fenomeno migratorio una valenza strutturale e non
emergenziale e, pertanto individua strumento per la realizzazione di
reali percorsi di cittadinanza degli immigrati. Sul piano sanitario gli
immigrati con regolare permesso di soggiorno sono parificati agli
italiani, e individua la necessità di assicurare anche "ai
cittadini presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme
relative all'ingresso e al soggiorno…le cure ambulatoriali
ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché
continuative per malattie ed infortunio" e di estendere "i programmi di
medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e
collettiva". In particolare si garantiscono "la tutela sociale della
gravidanza e della maternità, a parità di
trattamento con le cittadine italiane….la tutela della
salute del minore,…le vaccinazioni secondo la normativa e
nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva
autorizzati dalle regioni, gli interventi di profilassi
internazionale…..la profilassi, la diagnosi e la cura delle
malattie infettive ed eventuale bonifica dei focolai". Si prevede,
inoltre che le prestazioni siano erogate "senza oneri a carico dei
richiedenti, qualora privi di reisorse economiche
sufficienti…" Infine viene riconfermato il
divieto agli operatori a segnalare all'Autorità Giudiziaria
la persona non in regola con il permesso di soggiorno. Attualmente i riferimenti
normativi sono:
Legge
40/98:
Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
G.U. n. 59, 12 marzo 1998 Circolare Ministero della
Sanità, n. DPS/X40/1010, 22 aprile 1998 D.L.
n. 286/98:
Testo unico concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero, G.U. n. 191, 25 luglio 1998 D.L.
n. 394/99:
Regolamento di attuazione del testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero, a norma dell'articolo 1, comma 6, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 Circolare Ministero della
Sanità, n.
5, 24 marzo 2000
Legge
n.
189 agosto 2002 A fronte di una legislazione
che nell’ambito della tutela della salute contiene elementi
di equità e di riconoscimento della salute come diritto
universale si rilevano una serie di criticità che rischiano di invalidare i
contenuti stessi della normativa, soprattutto in relazione ai gruppi
più marginali di immigrati, coloro cioè che non
sono in regola con il permesso di soggiorno. I principali ostacoli alla
piena realizzazione della tutela della salute degli immigrati sono: - comportamenti difformi da
luogo a luogo nell'applicazione della legge con una pericolosa tendenza
alla discrezionalità degli operatori delle Aziende Sanitarie - un crescente impoverimento
culturale degli italiani con un aumento di xenofobia e di razzismo,
diffusione di sentimenti di paura verso chi è portatore di
una diversa cultura e di pregiudizi di cui neanche gli operatori
sanitari sono esenti, per cui tendono ad assumere atteggiamenti
eticamente e deontologicamente scorretti, respingendo tout court le
domande di assistenza sanitaria degli immigrati - il processo di
aziendalizzazione (leggi di riforma sanitaria 502/92 e 517/93) che,
introdotto come strumento gestionale per migliorare l'allocazione delle
risorse sanitarie e l'appropriatezza, ha di fatto ridotto
l'accessibilità ai servizi sanitari, l'attenzione alla
prevenzione, la capacità dei servizi di prendere in carico
la persona malata e ha peggiorato l'aspetto relazionale con il paziente
a causa di politiche volte al contenimento dei costi attraverso il
cambiamento dell'offerta e della domanda, piuttosto che volte al
guadagno in termini di salute. L'educazione alla salute, la medicina
preventiva, l'assistenza sanitaria e la riduzione dei fattori di
rischio per chi vive in condizioni marginali e di povertà,
non vengono considerate come un investimento per il benessere di tutta
la collettività, ma soltanto un ulteriore aumento della
spesa sanitaria, e, pertanto vengono scartate, - la rigidità
burocratica e organizzativa e la complessità del
funzionamento dei servizi, spesso totalmente autoreferenziali - la mancanza di informazione
e, soprattutto di formazione degli operatori sanitari (comunicazione
interculturale, informazioni sulle culture altre, su altri sistemi di
cura, assunzione del punto di vista dell'utente, comprensione del fatto
che operatori e immigrati non condividono lo stesso sistema di
riferimento ecc) e di strumenti professionali all'interno
dell'organizzazione (percorsi, profili di cura, risorse in rete,
multidisciplinarietà) - mancanza di conoscenza, da
parte degli immigrati, dei loro diritti. |